Progetto di sviluppo agro-alimentare a Kitchanga – Repubblica democratica del Congo
1. Presentazione progetto
1.1. Sintesi del progetto
Il progetto ha l’obiettivo generale di accrescere la stabilità socio economica di comunità rurali residenti in zone depresse ed isolate per le guerre del recente passato nella Repubblica Democratica del Congo. L’obiettivo specifico è lo sviluppo delle attività aziendali delle singole famiglie rurali beneficiarie attraverso il potenziamento delle infrastrutture e delle istituzioni di riferimento che li stimoleranno a reinvestire con una prospettiva di lungo termine. L’approccio strategico integra i 3 settori economici:
I°) produttivo,
II°) industriale,
III°) commerciale.
Una qualificata formazione a vari livelli, dalla base ai quadri istituzionali, garantirà inoltre la sostenibilità del progetto.
Le attività nella Provincia del Nord Kivu a Kichanga nel Masisi, tra i sempreverdi pascoli montagnosi a 1.400 m. slm, sono finalizzate a creare:
I. un centro di moltiplicazione di razze bovine da latte migliorate e di suini,
II. l’espansione di un caseificio per la produzione di formaggi e yogurt,
III. un macello per la produzione di carne in condizioni igieniche controllate.
1.2. Contesto e giustificazione
1.2.1. Gruppo beneficiario e contesto specifico:
A Kichanga si contano 453 membri effettivi di 9 associazioni di allevatori (50% donne capofamiglia), più altre 60 persone non associate. Indirettamente beneficeranno anche i familiari più di 2.200 persone (un nucleo familiare medio è di 6 persone). Si prevede inoltre che altre persone del vicinato (oggettivamente non stimabili) potranno simulare ed apprendere. La popolazione del Masisi è tipicamente composta da allevatori di bestiame, di etnia tutsi, una minoranza tradizionalmente vista come una classe sociale elevata a causa dell’alto valore che la cultura congolese assegna al bestiame; di fatto in questo frangente post-bellico le famiglie di allevatori vivono in una situazione di miseria.
Il contesto generale di vita nei luoghi abitativi del Nord Kivu, dopo 15 anni di guerra, insicurezza e periodici abbandoni per trovare rifugio solo presso i campi per sfollati, è desolante per le distruzioni inferte a case e strutture pubbliche. Mentre la maggior parte delle organizzazioni umanitarie sono attualmente concentrate nella ricostruzione di centri di salute, dispensari, scuole, fonti d’acqua, il presente progetto si occupa nello specifico degli aspetti lavorativi ed economici, così profondamente radicati nell’ancestrale cultura ed identità locali. Secondo l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, dell’Allevamento e della Pesca del Nord Kivu il patrimonio bovino di vacche da latte nei pascoli del Masisi ammontava nel ‘94 a circa 200.000 capi di razza migliorata, mentre quello attuale è di circa 3.000 capi di razze tradizionali. Recenti rapporti della FAO sulla Food Sucurity riferiscono:
a) la mancanza di agronomi e di assistenza tecnica (solo il 15% degli agricoltori/allevatori può consultarne uno);
b) la riduzione drastica della produzione agricola e della qualità a causa di malattie (nel Kivu tra il 1996 e il 2004 le aree coltivate si sono ridotte del 29% e di oltre il 50% nelle zone più remote; la produzione vegetale è scesa del 42% e quella di cereali del 33%; più del 75% dei campi è infettata e la produzione di banane è scesa del 50%);
c) la mancanza di sbocchi di mercato e l’isolamento delle zone rurali. Rispetto alle vie di comunicazione, Goma (capoluogo di Provincia del Nord Kivu) rappresentano un importante snodo commerciale e il Distretto del Masisi è ben collegato ad essa.
Secondo la Caritas di Goma la scelta prioritaria dei beneficiari è rivolta ai gruppi più vulnerabili. È per questo che essa assiste da tempo 3.000 allevatori ed agricoltori del Masisi – Rutshuru (successivamente organizzati in 50 associazioni – di cui 9 beneficiarie nel presente progetto – con una media di circa 60 membri/associazione). La conoscenza dei beneficiari risale sia ai periodi della guerra (assistenza nei campi di sfollati e protezione dei beni privati e comunitari) sia a quelli di pace (creazione, riabilitazione e manutenzione di fonti d’acqua ad uso domestico ed irriguo, costruzione di sentieri e strade rurali, creazione di associazioni locali di categoria, assistenza tecnica, equipaggiamento e formazione). Questo background di conoscenza e consolidata fiducia tra la Caritas locale ed i beneficiari (coinvolti anche nello studio di fattibilità) ha permesso di sviluppare l’analisi dei problemi che ciclicamente si ripete, estendendo la partecipazione a nuovi beneficiari interessati.
Il progetto si inserisce nelle linee guida triennali del D.S.R.P 2007, il quale fissa come strategie il rafforzamento delle capacità di produzione degli agricoltori, degli allevatori e dei pescatori e la creazione delle condizioni favorevoli alla produzione, al magazzinaggio, alla conservazione, alla trasformazione ed alla distribuzione dei prodotti agricoli. Le azioni del progetto che coincidono con quelle indicate nel D.S.R.P sono: formare ed inquadrare gli agricoltori e gli allevatori; sviluppare l’agricoltura e l’allevamento; rafforzare i movimenti associativi e cooperativi delle popolazioni; costruire le infrastrutture d’appoggio all’agricoltura e all’allevamento. Il progetto è il risultato di uno studio di fattibilità partecipativo durato 3 anni e che ha coinvolto nel Nord Kivu l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, dell’Allevamento e della Pesca, l’Ordine dei veterinari e Veterinari Senza Frontiera Swiss (VSF), l’Association coopérative des Eleveurs du Nord-Kivu, l’IMF “Tujenge Pamoja” di Goma. Questi enti hanno fortemente auspicato la realizzazione del progetto, esprimendo un parere molto favorevole in termini di rilevanza, pertinenza e capacità d’impatto.
La RDC si colloca in Africa, a sud dell’equatore; la Provincia del Nord Kivu è indicata in basso con la freccia rossa.
In questa mappa sono indicate con le frecce rosse le cittadine dove si prevede la realizzazione del progetto: nella Provincia del Nord Kivu si vede il capoluogo Goma, sul lato nord del Lago Kivu, il Masisi è il luogo di realizzazione del caseificio.
1.2.2. Altri attori istituzionali rilevanti:
Si prevedono specifiche sinergie operative con alcune istituzioni, tradizionalmente partner progettuali di Caritas: Agronomi e Forestali Senza Frontiera ASF e Società Italiana Veterinari Tropicalisti SIVTro (coinvolte in fase dello studio di fattibilità, offriranno consulenze e monitoraggio a distanza).
1.3. Strategia e Obiettivi
Questo progetto rappresenta la risposta ai bisogni emersi durante lo svolgimento di vari progetti di sviluppo, avviati nell’ultimo triennio da parte della Caritas nelle aree del Nord Kivu. Recentemente, varie ONG ed i partner locali hanno finanziato, equipaggiato e formato i tecnici di un caseificio a Kichanga, dove è stato installato un impianto fotovoltaico da 9 Kwt (nel 2010), un centro di molitura semi-industriali a Nyakariba (nel 2010), una cooperativa di microfinanza a Goma (attiva dal 2007).
I progetti sinora avviati hanno acceso la fiducia dei beneficiari attuali e stimolato la richiesta di partecipazione di nuovi agricoltori ed allevatori residenti. Mentre l’interesse suscitato supera addirittura i territori progettuali (per esempio il consorzio ACOGENOKI ha chiesto di poter riprodurre il caseificio in altri distretti con le medesime potenzialità), la strategia attuale è quella di garantire il completamento dell’intero ciclo produzione – commercializzazione e vendita per le filiere e le zone sinora coinvolte, rinviando lo sviluppo di progetti in nuove zone nel futuro, quando le istituzioni di secondo livello create saranno più solide.
Operativamente la strategia prescelta è quella di coordinare e collegare i segmenti produttivi e di mercato, favorendo i punti d’incontro tra domanda ed offerta. La disponibilità di latte e formaggio sul mercato di Goma è assolutamente insoddisfacente, mentre nei pascoli alpini del Masisi, a non più di 80 Km, il latte resta invenduto, i produttori di formaggio sono relativamente pochi e data l’impossibilità di acquisto di carni bovine e vendita del latte, sono per ora poco incentivati ad incrementare i propri allevamenti.
Questo progetto di sviluppo rurale è articolato a differenti livelli: produzioni primarie, trasformazioni in derivati secondari, commercializzazione.
L’obiettivo generale del progetto è quello di contribuire a ricreare le condizioni di stabilità sociale ed economica nel Nord Kivu affinché le popolazioni residenti, con una forte identità, tradizione e cultura rurale, possano accrescere l’interesse ad investire e difendere il proprio bene, privato e comunitario, anziché scegliere d’abbandonare le terre per le pressioni politico-militari o alla ricerca di occupazione presso i centri urbani. L’obiettivo specifico è quello di garantire ai membri delle comunità contadine beneficiarie, singoli o organizzati in associazioni di categoria, la possibilità di:
A) realizzare un reddito imprenditoriale derivante dalla vendita dei prodotti agricoli ad alcune imprese no-profit appositamente create, specializzate nella trasformazione alimentare (filiera lattiero-casearia e della carne) e nella commercializzazione dei prodotti, primari o derivati;
B) reinvestire nella propria azienda ed in progetti comunitari, rinnovando l’economia e l’agricoltura locale, grazie all’accesso e fruibilità dei classici servizi rurali che verranno creati col presente progetto.
Le attività agricole privilegiate considerano la vocazione, e talvolta l’unicità, degli specifici contesti ambientali. Particolare attenzione sarà rivolta anche al rispetto dell’impatto ecologico del progetto, sia con la restituzione all’ambiente delle risorse sottratte (attraverso la riforestazione, dato l’ingente consumo di legna da parte del caseificio), sia con la promozione dell’agricoltura biologica, sia con l’accesso a fonti energetiche ecologiche (sistemi fotovoltaici).
Si sottolinea inoltre l’aspetto dell’economia sociale e solidale, attraverso le istituzioni e le imprese no-profit di secondo livello gestite ed amministrate dal partner locale, la Caritas di Goma, che garantisce una posizione super partes, senza scopo di lucro e con il fine di continuare a reinvestire i capitali nella promozione allo sviluppo economico. Infatti, seppure il progetto è impostato in termini imprenditoriali, gli introiti netti delle attività commerciali saranno destinati o alla realizzazione di servizi comunitari nelle medesime località – per esempio per la creazione di fonti d’acqua, la riabilitazione di strade e/o ponti – o alla replica di simili progetti in altri distretti.
1.4. Risultati attesi e Attività previste
Risultato
1.1: Incremento delle dotazioni di bovine da latte tra gli allevatori del Masisi (e dunque del latte prodotto): creazione di un centro di moltiplicazione di razze migliorate a Kichanga
Attività:
1.1.1: Assunzione del personale locale addetto, formazione ed assistenza degli agricoltori-allevatori.
1.1.2: Costruzione rurale di un centro di moltiplicazione di razze bovine da latte.
1.1.3: Vendita dei capi a prezzi agevolati agli allevatori.
Nel 2010 la Caritas ha finanziato un programma di ripopolamento bovino con l’acquisto di 30 vacche e 4 tori da monta (di razze migliorate Brown Swiss e Frisona), come nucleo riproduttivo iniziale. Ora il progetto prevede che, con l’assunzione a tempo pieno di 1 coordinatore veterinario esperto del settore zootecnico e agro-alimentare, 1 infermiere veterinario ed 1 agronomo, si avvii l’assistenza tecnica e la formazione continua degli agricoltori-allevatori, finalizzate a migliorare:
a) la gestione dei prati-pascoli (essenze del prato, fertilizzazione organica, …) per qualificare le rese ed il valore alimentare dei foraggi,
b) le tecniche d’allevamento
c) il livello igienico – sanitario.
Il nucleo riproduttivo attuale verrà inizialmente incrementato, in particolare con dei tori (che ogni 2 anni verranno sostituiti) utili alla monta. I capi migliori tra quelli riprodotti (vitelline, manze, vacche adulte, vacche gravide) potranno essere venduti ottenendo due vantaggi: un prezzo agevolato e una “garanzia di credito” offerta al caseificio dalla Cooperativa Diocesana di Risparmio e Credito Tujende Pamoja (in caso di insolvenza o ritardi non motivati da ragioni particolari, il caseificio potrà recuperare la somma trattenendo piccole quote del pagamento del latte conferito dall’allevatore al caseificio). I capi invenduti potranno incrementare il patrimonio bovino aziendale del caseificio ed altri ancora verranno macellati per la vendita di carne, sia localmente sia a Goma. Questa impostazione si attuerà anche per l’allevamento suino.
Si prevede di migliorare le attuali condizioni di riproduzione, avviando un piccolo centro di moltiplicazione con l’assunzione di un operatore addetto. Non sono previste opere in muratura, ma semplici hangar ombreggianti e palizzate in legno. Nonostante la semplicità ed i bassi costi, il centro di moltiplicazione di Kichanga verrà organizzato seguendo i principi specifici a riguardo. Il progetto non prevede spese del personale addetto agli allevamenti bovini, in quanto le associazioni locali e la Caritas di Goma già garantiscono tali spese gestionali.
Risultati
1.2: Incremento della produzione di carne suina: creazione di una porcilaia a Kichanga
Attività:
1.2.1: Costruzione rurale di una porcilaia nei pressi del caseificio di Kichanga.
1.2.2: Assunzione e formazione del personale locale addetto.
1.2.3: Costituzione del nucleo iniziale per la riproduzione e moltiplicazione dei capi.
In sostituzione degli annessi rustici provvisori allestiti dalla Caritas Goma, al 3° anno verrà costruita una porcilaia a “stabulazione semi libera” di 400m2 (vedi mappa allegata) con: 1 padiglione per la riproduzione (2 box per verri, 2 per l’accoppiamento, 8 per gestazione/parto/allattamento/ svezzamento e 2 d’infermeria) ed 1 per il post svezzamento, magronaggio ed ingrasso (2 box con accessibilità a 3 campi di pascolo, 1 ettaro ciascuno, usati con rotazione ciclica).
I capi allevabili sono stati calcolati a partire dai quantitativi di siero per la loro alimentazione (900 litri), scartato dalla produzione dei formaggi (il 2,5% è utilizzato come detergente naturale per il lavaggio delle sale del caseificio). Con un fabbisogno medio di circa 12,5 litri giornalieri di siero a capo, potranno essere allevati circa 70 capi d’età compresa tra la fase dello svezzamento (a circa 25 Kg) e la fase della macellazione (a circa 55 Kg). L’integrazione alimentare delle scrofe prevede l’utilizzo degli scarti della lavorazione dei cereali non destinati all’alimentazione umana (a Nyakariba, a pochi chilometri dal caseificio, ACS ha installato nel 2010 un mulino semi-industriale per cereali e manioca), mentre quella dei suini post-svezzamento prevede il foraggio fresco del pascolo.
Verranno acquistati 2 verri da monta e 8 scrofe migliorate, come nucleo iniziale per la riproduzione dei capi. Dall’elaborazione dei dati riferiti dall’esperienza locale (di media 8 suinetti/figliata, una mortalità media del 10%, 2 cicli riproduttivi all’anno calcolando 4 mesi di gravidanza e 2 mesi di allattamento-riposo prima di una nuova fecondazione naturale e 5-6 mesi d’età per la macellazione) si deduce che i capi allevabili saranno mediamente 68 e che i suini macellabili ammonteranno a 116 capi/anno. La produzione di carne suina, molto apprezzata, non ha l’obiettivo di diffondere gli allevamenti suini nel territorio, ma di garantire un introito aziendale al caseificio ed una sostenibilità stabile. La carne macellata verrà venduta soprattutto a Goma. L’assunzione, la formazione e la supervisione del personale locale (1 addetto all’allevamento dei suini) avverrà da parte del coordinatore veterinario esperto.
SETTORE SECONDARIO – TRASFORMAZIONE DEI PRODOTTI PRIMARI
Risultati
1.3: Miglioramento della performance e sostenibilità del caseificio di Kichanga (Masisi): aumento della qualità di latte e formaggi, investimento su fonti energetiche rinnovabili (gestione forestale)
Attività:
1.3.1: Assunzione del personale del caseificio e formazione dei produttori di latte.
1.3.2: Formazione del personale addetto del caseificio da parte di consulenti esperti italiani.
1.3.3: Diversificazione delle produzioni di formaggi, introduzione di un’unità di produzione dello yogurt.
1.3.4: Realizzazione di un vivaio forestale permanente e messa a dimora di 2 ha di bosco / anno
All’avvio del progetto saranno completati la realizzazione del caseificio di Kichanga per la produzione di 100 Kg/giorno di formaggio, la formazione-base dei casari locali da parte di un professionista italiano e la distribuzione agli allevatori dei bidoni di raccolta del latte (con un finanziamento di 250.000 Euro di ACS per il 2010-11).
Il progetto prevede l’assunzione di: 1 direttore – responsabile commerciale, 1 contabile, 1 logista, 1 c.s. e 2 aiutanti per le produzioni lattiero-casearie, 1 autista – meccanico, 3 sentinelle diurne – notturne, 1 addetto alle pulizie.
Con 36 seminari di formazione (4 x 9 associazioni) tenuti dal c.s. produzioni e dai veterinari – sui danni causati da fraudolenze (diluizioni, vendita del latte di bovine con mastiti, …, che comunque emergeranno dalle analisi di laboratorio del caseificio) e sulle tecniche igienico – sanitarie dalla mungitura in poi – si mira a migliorare la carica batterica del latte e conseguentemente qualità del formaggio, riducendo sin dall’ inizio l’inquinamento, quando il controllo è minore.
Poiché la scarsità di corrente elettrica limita lo sviluppo della “linea del fresco” (la produzione, il confezionamento ed il trasporto di latte pastorizzato, burro e formaggi freschi richiederebbero impianti esosi in termini energetici e logistici), il progetto, valorizzando l’attrezzatura disponibile, mira a diversificare i formaggi (caciotte a varie stagionature, formaggi duri a pasta filata tipo caciocavallo, Edam, affumicati, …) grazie alla formazione offerta dal consulente esperto (1 missione/anno di 2 settimane). Solamente il lunedì si produrranno la ricotta e lo yogurt (che partiranno in giornata per Goma), utilizzando per quest’ultimo i circa 500 litri latte raccolto la domenica mattina (giorno di riposo del personale, che provvederà solamente all’innesto coi fermenti). Lo yogurt è un prodotto molto interessante sia commercialmente, sia dal punto di vista alimentare: posto in bariletti alimentari in plastica di 2 e 5 Kg (lavabili, riutilizzabili e gestiti con lo scambio “pieno-vuoto lavato”, analogamente ai bidoni del latte), verrà sia donato a Centri Nutrizionali e di Salute, sia venduto agli hotel turistici presenti numerosi sul Lago Kivu).
Poiché i consumi di legna da ardere per far funzionare il caseificio ed il macello ammontano a circa 200 q.li/anno, si prevede l’impianto di 800 alberi/anno, pari ad 1 ettaro di bosco e di una analoga quantità di piante utilizzate per la parcellizzazione dei prato-pascolo. L’agronomo locale (già menzionato nel R.A. 1.1) allestirà sin dal 1° anno un vivaio permanente con piante autoctone di almeno 5 specie, consociate secondo il disegno riportato in allegato). Tale azione, coordinata dal Dip. del Territorio e Sistemi Agro-forestali dell’Università di Padova per rispettare le norme del Protocollo di Kyoto, prevede una restituzione all’ambiente del Carbonio Fissato ben oltre quello sottratto: gli investimenti compensativi permetteranno una “produzione di 1200 crediti di CO2” pari a 120 ton. di biomassa per i prossimi 20 anni.
Risultati
1.4: Miglioramento delle tecniche di macellazione e conservazione della carne bovina e suina: realizzazione di un macello per bovini e suini a Kichanga
Attività:
1.4.1: Costruzione ed equipaggiamento di un macello per bovini e suini a Kichanga.
1.4.2: Assunzione e formazione del personale locale addetto.
Un piccolo macello, sotto la direzione del caseificio, verrà costruito a Kichanga e comprenderà (vedi mappa allegata):
1) il paddock esterno per lavaggio capi e attesa;
2) l’entrata, per immobilizzazione, stordimento, agganciamento e sollevamento al gangio-rotaia;
3) zona per abbattimento, recisione, dissanguamento;
4) zona per immersione in tinozze d’acqua bollente (per suini), pelatura, svisceramento;
5) zona per pesatura, taglio e stoccaggio presso la “cella frigorifera positiva” di T di 4°C (dall’Italia), che garantirà la “frollatura” ed una miglior conservazione;
6) toilette, con doccia e spogliatoio del personale addetto;
7) uscita e caricamento camion.
Gli equipaggiamenti (una rotaia sospesa con ganci, una pistola di stordimento, una pesa, una stufa-caldaia a legna, 2 grandi tinozze d’acciaio, coltelli da taglio) saranno possibilmente acquistati o realizzati in loco. Il dimensionamento del macello (di circa 75 m2) e della cella frigorifera (1,16 x 2,36 x h 2,00 m) sono stati calcolati considerando una lavorazione settimanale in proprio di 2 o 3 suini (pari a120 suini/anno) e di circa 3 bovini su commissione esterna da parte della popolazione; per gli allevatori locali, stabilito un prezzo equo, questo sbocco di mercato una possibilità economica importante. Poiché il peso medio di un suino è di 55 Kg e di un bovino di razza ankole, “tipi” Frisona e Brown Swiss di 450 Kg, con una resa di macellazione del 60-65% per i suini e del 45-50% per i bovini, la produzione di carne sarà di circa 700 Kg/ settimana (36.500 Kg/anno), un importante guadagno che servirà ad assicurare sostenibilità aziendale e la continuità dei servizi veterinari alla popolazione.
2. Budget
Finanziamento richiesto: Euro 25.000
Il finanziamento richiesto consentirà le seguenti realizzazioni:
• Costruzione rurale di una porcilaia nei pressi del caseificio di Kichanga: 12.000 Euro
• Costruzione di un macello per bovini e suini a Kichanga: 8.500 Euro
• Realizzazione di 1 vivaio per la riforestazione di 16 ettari e diffusione essenze foraggiere 4.500 Euro